Decoro, musiche e mendicanti
alla SS. Annunziata di Firenze nel 1701
Nell’agosto 1701 alla porta della SS. Annunziata, per pubblica lettura e per i religiosi, fu affisso un “foglio”, inviato dal nunzio apostolico e contenente “molti ordini” di Clemente XI. Si trattava, in 14 “capi”, della Lettera circolare ... sopra la venerazione e rispetto dovuto alle chiese, che allora erano ridotte “a tal segno”, che invece di trovarvi la devozione, conveniva “talora fuggirne per non la perdere”.
I frati della SS. Annunziata ne discussero nelle riunioni ristrette, i “discretori”. Esaminarono i punti più significativi per loro , come il IV che era: “dove potrà farsi comodamente, si destini ed assegni agli huomini luogo distinto è separato da quello delle donne”, né si permetta che gli uni si fermino e stiano in quello dell’altre per togliere tra loro ogni “indecente comunicazione”.
Discussero il X, sulle feste e solennità da celebrare con “modestia, e divozione, e senza spettacoli, conviti smoderati, e profanità vietate dai sacri canoni”. Riguardava anche le musiche e l’osservanza del decoro ecclesiastico senza “mescolanza di parole non usate nella Chiesa”, ma secondo i sacri riti approvati. Inoltre si ordinava che fossero eseguite “all’ore prescritte dalle rubriche, in modo che le messe cantate non si prolunghassero dopo mezzogiorno ed i vespri e le compiete oltre il tramonto del sole”. Tutte le funzioni, comprese le vestizioni e le velazioni di monache, dovevano finire alle ore 24 ed essere “serrate tutte le chiese”.
Al punto XII invece si proibiva “onninamente” ai poveri e ai mendicanti d’andar cercando elemosina nelle chiese, “nascendo da ciò un gran disturbo ai divini ufizi, ed alle orazioni dei fedeli”.
Il punto XIV infine riguardava i religiosi regolari inadempienti nelle loro chiese e si prevedevano pene come “la privazione de’ loro ufizi” e altre.
Una decina di giorni dopo la consegna della Lettera, il priore, fra Leopoldo Masi († 1712), propose “qualche riforma di musiche”, conforme anche alla “religiosa e piissima intenzione” del granduca. Si trattava “di non fare più musiche sull’organo, e che non si permetta mai per l’avvenire che se ne faccia, etiam a spese di particolari, senza alcuna spesa, né incomodo del convento; ma che ogni solennità, per grande che sia, si canti a cappella in coro e litanie il sabato si cantino da due cantori, e si risponda da’ padri tutti e dal popolo, e la Salve, le feste si canti dai padri col solito canto fermo; e nel ritorno de’ padri dalla cappella della Santissima Annunziata al coro, si sonasse l’organo fintanto che i Padri non fossero ritornati in coro”.
Questo perché – riconoscevano – “le musiche nella nostra chiesa esser sempre state causa di una grande irriverenza alla Chiesa”.
Pertanto, a partire dal giorno dopo, si cantò “nella cappella della SS. Nunziata le Litanie della Beata Vergine in canto fermo, che prima si cantavano in musica con l’organo”. E proprio come novità “si alterò il modo consueto di cantarle in questa nostra chiesa, dove sempre dicendo i cantori Santa Maria e rispondendo il coro Ora pro nobis: e in oggi i cantori intuonano e gl’istessi rispondono e il coro segue l’altro verso ... e, di più, con differente canto dall’usato” si prese “dall’aria su cui le cantano in questo paese, come è stato osservato da alcuni, i contadini e gli scolari”.
Alla fine delle litanie si cantò il Regina Servorum tuorum, “per conformarsi all’uso degli altri conventi della religione, ne’ quali come hanno asserito alcuni padri, si pratica di cantare le litanie con la detta aggiunta, la quale però non si trova notata ne’ libretti antichi o moderni degli uffizzi propri del nostro Ordine”, come quelli del 1542, 1566, 1609, 1623, 1629, 1634 e 1663 “che presentemente adopriamo”.
Solamente in uno di essi, edito a Vienna, 1681, vi era l’aggiunta Regina servorum tuorum”.
Lo stesso giorno si discusse di nuovo sulla separazione degli uomini dalle donne in chiesa, “e dopo lunghi discorsi, non riuscendovi, si rimise la deliberazione ad altra matura considerazione”.
Il lunedì successivo tuttavia “si determinò che si levassero tutti gl’inginocchiatoi doppi, che stavano nel corpo della nostra chiesa e che si vendessero, e si facessero banchette d’albero basse secondo il disegno, da mettersi da una parte e dall’altra del corpo della chiesa, acciò non ci fosse occasione che le donne andassero dalla parte degli huomini” e viceversa.
Quindi si parlò di tenere nelle principali solennità il SS. Sacramento all’altare del Crocifisso, perché da questa parte si comunicassero le donne, e alla Concezione per gli uomini. Se ciò fosse riuscito “con decoro, e senza strepito”, anche i confessori dalla parte degli uomini non avrebbero ammesso le donne alla confessione, e all’inverso.
I padri però non riuscirono a fare il partito. Ritornarono quindi alla musica e stabilirono di convocare il p. Ferdinando Paolucci († 1737) “maestro di cappella, acciò desse nota distinta di tutti i musici che sono pagati per servizio della nostra chiesa, e quanto si paga il mese o anno per ciascheduno di loro per regolare le spese della cappella, e stabilire con una spesa precisa; e che tutti quei libri fogli di musica, che sono sugli organi nostri, si levino di là e si ponghino sotto fedele custodia, acciò non siano perduti”.
Dopo di che il discretorio si aggiornò alla fine di agosto, data in cui propose il p. maestro Gregorio Tonelli († 1713), come aiuto al p. priore “per fare star separati gli uomini dalle donne ... per buon ordine senza sconcerti e disturbi”.
Giunse poi settembre e il 6, “chiamato il p. Ferdinando Paolucci ..., si discusse della spesa da farsi nella cappella in musica per il dì otto, prossima festa della Natività della Beatissima Vergine Nostra Signora”. E gli si assegnò scudi nove per solennizzare “tal giorno sì santo”.
Si deliberò anche sulle tende in chiesa “perché alle prediche si separassero, anco per la veduta, le donne dagli huomini”.
Passata la festa, convocato ancora il p. Paolucci “per aggiustare le spese de’ musici per la cappella al coro”, si stabilì che il p. priore e il p. maestro Arrigo Verzelli († 1730) se ne occupassero e vedessero quanto si poteva spendere, e come si fosse potuto fare “perché il patto sia stabilito e fatto con prudenza nello scemare il salario a’ musici, come nell’accrescerlo secondo la loro abilità”.
Il cronista precisa però che queste furono “le ordinazioni fatte da’ Padri discreti per la riforma della chiesa, e della musica; come poi elle si sieno poste in pratica, si dirà alle seguenti ricordanze ... Quello che subito fu eseguito ... fu il proibire ai poveri e mendicanti di andare limosinando per la chiesa, e non solo a coloro che accattano per sé, ma agli altri ancora che accattano per luoghi pii con le cassette, eziandio religiosi: a’ quali tutti è permesso di stare sotto le logge, e nel cortile davanti alla chiesa, e quivi dimandare la carità.
Quanto al serrare la nostra chiesa a 24 ore, che è solito serrarsi dopo l’un’ora di notte, sonato il segno per li morti [l’Avemaria], fin ora non se ne parla, e si seguita come poc’anzi si è accennato”.
Paola Ircani Menichini, 11 giugno 2022.
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